OLZAI

SANT'ANTONIO ABATE

Secondo la leggenda, Sant'Antonio si presentò con il suo porcellino alle porte dell'inferno per chiedere un po' di fuoco. Ma i diavoli, guardandolo con ironia, gli risposero di no, anzi uno di loro si mise proprio di traverso davanti all'apertura che conduceva agli inferi per non farlo passare. Il maialino però sgattaiolò via e riuscì ad entrare passando attraverso le gambe del demone. E fu subito un gran trambusto, i diavoli lo rincorrevano da una parte all'altra senza riuscire ad acchiapparlo. Al che il diavolo che stava di guardia alla porta si fece da parte e fece entrare il Santo per riprendersi il maialino. Sant'Antonio appoggiò la punta del suo bastone di ferula sul fuoco, per riposare un po' e, fatto un fischio, richiamò l'animale che gli corse vicino.
Quindi il Santo riprese il bastone e si allontanò. I diavoli non immaginavano certo che dentro il nucleo spugnoso della ferula si potesse nascondere della brace che continuava a bruciare lentamente, senza che se ne vedesse il fumo. Così con la sua astuzia il Sant'Antonio riuscì a rubare il fuoco dall'inferno e lo regalò agli uomini.

Anche Olzai, un piccolo paese nella provincia di Nuoro in Sardegna, festeggia la festa di Sant'Antonio Abate da tempi antichi. In origine si organizzavano quattro o cinque fuochi nel paese, uno per ogni rione principale. I preparativi iniziavano dal giorno dell'Epifania con il taglio del tronco centrale che avrebbe sostenuto la pira di fuoco e che poteva essere alto tra i tredici e i sedici metri.

Nelle due settimane sucessive “sor massajos” aiutavano a portare le frasche e i tronchi più piccoli servendosi dei carri e il tutto veniva sistemato ordinatamente, incastrando perfettamente i rami e le frasche. Finito l'allestimento, si ponevano delle corone di arance sulla cima della catasta e al centro della stessa. Mentre gli uomini si occupavano di preparare il fuoco, le donne erano impegnate nella preparazione dei dolci tipici: 'su papassinu', 'su panettone' e 'su cohone', (tipico dolce caratteizzato per il suo colore nero dovuto alla sapa, ovvero la marmellata di fico d'india). Altro elemento imprescindibile della festa è il vino, spesso fornito da produttori locali.

Oggi si organizzano solamente due o o al massimo tre fuochi, anche se le tradizioni non sono mutate. La notte del 16 gennaio il prete compie la benedizione dei falò partendo dal rione più periferico fino ad arrivare al rione più importante: quello di Sant'Antonio. Il prete compie tre giri intorno al falò imitato dalla popoloazione, recitando per tre volte l'Ave Maria. Solo allora si può accendere il fuoco del grande “albero” ed arrivare al cuore della festa.Il giorno successivo viene celebrata la messa nella chiesa di San Giovanni Battista, patrono del paese, mentre in origine veniva anche fatta anche una processione lungo le vie del paese portando la statua del Santo.

DELIBERA RESTAURO CHIESA SANT'ANTONIO ABATE

16 MARZO 1887

Oggi 16 del mese di Marzo mille ottocento ottantasette in Olzai e nella sala comunale. Si radunano in 1ma convocazione per ordine del signor sindaco la Giunta municipale di questo comune, a seguito degli avvisi in iscritto a ciascun olzaese recati dal Servente Comunale di questo comune. Mattu Diego come il millennio riferito a me Segretario Comunale infrascritto; alla quale adunanza sono intervenuti oltre il Signor Agostino Nonnis Sindaco, i signori olzaesi comunali: Guiso Don Francesco e Marchi Francesco Antonio. Coll’apistenza del Segretario sottoscritto il Signor sindaco espone: questo signor Parroco vorrebbe restaurare la Chiesa di Sant’Antonio, il cui tetto cadde da qualche anno, ne i muri possono dirsi al sicuro dai venti e dalle piogge invernali. A voce fu pregato che deponesse siffatto divisamento o non si facesse promotore di un’opera assai dispendiosa, reputando all’uopo, insufficienti le offerte private, e sulla considerazione che la chiesuola suddetta, nella quale non offrivasi che qualche volta all’anno, è essai augusta, ed i fedeli che vi si riunivano non potevano che stare a disagio, per cui il bisbiglio, gli urti e le risa della folla, cosa poco confermatosi colla pubblica moralità.

Se pur noto che la Parrocchia per lo stato di abbandono di più anni, nei quali il governo non dava alcun sussidio, abbisogna ancora di molte ed urgenti riparazioni, alle quali conviene volgere tutta l’attenzione, tutte le nostre cure per poterle eseguire con solidità e con decenza, come, cioè, conviensi agli edifici destinati al culto divino.

A proposito della chiesuola di Sant’Antonio, credo opportuno rammentarsi che in epoca non lontana fu domandato a S.re Monsignore Vescovo della diocesi il permesso di poter vendere i materiali , per impiegarli a benefizio della parrocchia, ciò che S.re accettava a condizione che venisse in essa fabbricata una cappella in onore di Sant’Antonio, e che ora il Signor Parrocco potrebbe eseguire contribuendosi da qualche anno, il Governo con sussidi ai bisogni della Parrocchia.

Laonde reputo convenzionale proporre a voi che dissuadiate ufficialmente il Signor Parrocco dal divisamento suddetto, esternando a lui che ritenete insufficienti le offerte private se queste nella misura di mi si verifera; che niuna spesa sul riguardo pottrebbesi verificare dalla commissione locale del fondo per il culto; perciocché né le questue in comune, né il sussidio governativo potrebbero avere altro scopo che quello della manifestazione della parrocchia e che, insistendovi contro il volere del Municipio, su di lui peserebbe la responsabilità, se venissero proibite le questue e tolti dal bilancio del comune i sussidi per la pulizia della medesima.

Se la giunta udita la proposta del Signor sindaco; ritenuto che i restauri alla chiesuola di Sant’Antonio importerebbero una somma assai rilevante, la quale non si potrà ricavare dalle offerte private;

che altre riparazioni si renderebbero, in seguito necessarie a brevi intervalli di tempo; Che oltre la medesima e la Parrocchia si troverebbero oltre due chiesuole in stato poco florido e non necessarie al culto;

che tutte le riparazioni degli edifici ricadano indirettamente sull’ente morale e che la parrocchia abbisogna tuttora di grandi riparazioni (quantunque alcune in essi già eseguite) le quali devono essere spinte con tutta alacrità.

Che la pubblica moralità non si promuove col tenere più chiese in istato indecente e minaccianti rovina, ma col restringerne il numero e renderlo tale da inspirare rispetto ai fedeli.

Per questi motivi

Delibera di unanimità: doversi rivolgere calde preghiere alò Signor Parroco affinché desista dal proposto divisamento ed accedere il compimento dei restauri alla Parrocchia i quali sono nei voti di tutti i Comunisti e nel decoro del culto per la pubblica moralità.

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Il Sindaco Nonnis L’assessore anziano Guiso Don Francesco Il segretario A. Satta